C'era una volta una splendida terra, che si trovava al centro di tante culture, e che ne subiva le lusinghe e le influenze. Questa terra era una florida isola, ambita da molti, e che molti generosamente ospitava. La chiamavano il crocevia dei popoli del mediterraneo.
In tanti passavano, e in tanti lasciavano i loro usi e costumi, specialmente in cucina e nel linguaggio.
Così, nella tavola dei suoi abitanti, la diversità univa e non separava, e convivevano pacificamente usanze di terre lontane, profumi e sapori, che l'estro del popolo amalgamava sapientemente, ed esportava dopo averlo caratterizzato come proprio.
Le sfinci di san giuseppe sono un dolce tipico palermitano che si prepara per il 19 marzo. Sono in molte le città che se ne contendono la paternità ma si tratta di una diatriba inutile, perché ne esistono tante ricette quante famiglie ci possono essere in sicilia, e tutte derivano da una tecnica araba.
Questo è il modo in cui le preparano a Palermo, e nei paesi della provincia.
Differiscono per consistenza e leggerezza dalle loro sorelle, le sfinci di patate, più sode, lievitate con lievito di birra, non farcite ma ricoperte di zucchero granulato.
In altre città siciliane, invece, specialmente nella cucina della sicilia orientale, agggiungono o tolgono altri ingredienti (ad esempio usano riso bollito nel latte, o altri profumi per aromatizzarle).
Il loro nome sembra derivare dall'arabo "sfang", che significa "spugna". La pasta di questi dolci è infatti lievitata e molto spugnosa, e in cottura si gonfia, creando al suo interno delle bolle d'aria che ricordano la spugna naturale.
La loro forma è irregolare, e possono essere giganti, come si preparano per la festa (in questo caso possono essere mangiate solo al cucchiaio!), o piccoline, a mò di mignon, più pratiche e vicine al gusto moderno.
Il modo di decorarle, colorato con frutta candita, è vario e dipende dal pasticcere. Quelle casalinghe sono più semplici e piccoline. Gli arabi usavano ricoprirle di miele o zucchero.
INGREDIENTI
- 250 g. di farina
- 250 g. di acqua
- 40 g. di strutto o burro
- un pizzico di sale
- qualche pezzetto di buccia d'arancia intera
- 5 uova L o 6 piccole
PROCEDIMENTO
Versate in un tegame l'acqua, il burro, un pizzico di sale, e portate a ebollizione.
Versate la farina in un colpo solo, e mescolate con un cucchiaio di legno per 10 minuti circa, fino ad ottenere un composto compatto e soffice che sfrigola dalle parete della pentola.
Staccare e togliere la pasta ottenuta (tipo choux) dal tegame, e spianarla per farla raffreddare rapidamente.
Lasciamo che si intiepidisca un po' e poi iniziamo il lavoro vero e proprio, aggiungendo le uova ad una ad una... non aggiungere un’altra prima che la precedente sia completamente assorbita.
Versate l'impasto a cucchiaiate, a seconda di quanto desiderate fare grosse le vostre "spinci" (in dialetto), fatele dorare da un lato, quindi rigiratele e "affondatele" alzando e abbassando un paio di volte il cucchiaio in verticale, in modo che la "palla" incorpori aria. Con questa tecnica, il calore dell'olio fa gonfiare la pasta.
(Questa operazione si chiama "mazzulià ta". Se non riuscite, le vostre sfinci verranno fuori lo stesso, ma provateci, per una migliore lievitazione).
Assolutamente necessario, però, che la temperatura dell'olio non sia eccessivamente alta: dev'essere intorno ai 170º, perché altrimenti la pasta si cuocerà subito all'esterno senza avere il tempo di gonfiarsi e sarà catalogabile sotto il nome di frittella, frittatina, quello che volete, ma sicuramente non di sfincia. Se farete attenzione alla temperatura, e prenderete l'impasto a botte come dovuto, vedrete che l'impasto si aprirà e si gonfierà in modo... imprevedibile
Fatele raffreddare su carta assobente.
Una volta pronti, i dolci si guarniscono con la crema preparata con
LA CREMA
- 500 g. di ricotta di pecora
- 200 g. di zucchero
- una bustina di vanillina
- la punta di un cucchiaino di cannella
- gocce di cioccolata
- canditi d'arancia
- zucca candita ("zuccata")
Fonte: petitchef.it